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"Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti voi ben sapete che come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore".
(1 Tess. 5, 1 - 2)
Pur non sapendo quale lettera di Paolo avremmo letto oggi,mi sembra interessante fermarci insieme sulla perseveranza.
Che cosa significa «perseverare»?
Dice Paolo: «Non chi ben comincia ma chi persevera fino alla fine».
Ciò non lo troviamo nella lettura di oggi, ma in altri passi.
Stamani comunque la lettura ci suggerisce quali sono le armi necessarie allo scopo.
Io vorrei che meditassimo su una di quelle virtù che attualmente sembrano le meno apprezzate. Esempio: amiamo la libertà,viviamo esperienze nuove, facciamo il bene, e intanto corriamo il rischio di perdere il grande patrimonio che solo attraverso la perseveranza è possibile conquistare e che ci porta a Lui. Non ci si accorge che corriamo a destra e a sinistra per sfuggire tutto ciò che ci chiede rinuncia.
E' terribile questa corrente che sta rovinando un po' tutto e tutti.
Perseverare,non aver paura della sofferenza, dell'abbandono, del disprezzo. Ferme, salde, ben radicate dove Lui ci ha messo.
Non dare ascolto agli estranei, al canto delle sirene.
In certi momenti sono tanti quelli che hanno consigli da dare; ma costoro non hanno avuto la nostta vocazione e quindi siamo noi, ognuna di noi a dover essere costante nel corrispondere alla grazia personale. E l'ho già detto e vorrei che fosse anche scritto: se vi saranno delle difficoltà vorrei che imparassimo a risolverle nel silenzio e nella preghiera.
Non è chiedendo consigli a destra o a sinistra ma pregando e liberando noi a noi stesse attraverso l'ascetica del silenzio che arriveremo a capire da sole quello che Lui vuole. Dio ha posto in ognuna dì noi la voce della coscienza ed è la sua voce; ma sarà nel silenzio, nella preghiera, nell'umiltà, nella spoliazione di noi stesse che piano piano sapremo udire.
Perseverare. E'una delle virtù a cui siamo chiamate particolarmente a testimoniarne il valore. Il voto di "stabilità", che anticamente pronunciavano alcuni monaci,
non credo volesse dire radicarsi nel proprio monastero; penso infatti venisse inteso anche come voto di perseveranza.
Se rispondendo ad una chiara vocazione abbiamo compreso ciò che Dio aspetta da noi, perché chiedere altri segni?
Ci basti la sua grazia,e...perseveriamo.
Diamogli questa fiducia; possa venire Egli da noi e sentirsi come a Betania.
Sappia di avere in noi anime che oltre ad essere fiduciose nella sua bontà, sono disponibili in tutto, come Egli vuole. Anche nella aridità del deserto, nella fatica di un cammino che non conosce fine, sappia che sì può fidare: non andremo in cerca di Lui in nessun altro posto,nemmeno là dove forse ci verrebbe richiesto minor sacrificio.
Meditiamo sul dono che Dio ci fa questa mattina attraverso queste pur semplici parole; ascoltiamolo come qualcosa che fa parte del nostro spirito. Sono meditazioni nostre: qualcosa che potremo definire suo dono giacché sappiamo con certezza che è Lui ad illuminare lo strumento di cui si serve e che con il tempo sembra divenire sempre più povero e forse per questo più usabile da Lui. Stamani,non so per quale ragione, mi è sorta spontanea l'esigenza di parlare di questa virtù; non può essere altro che un suggerimento del Signore; non ero preparata, non sapevo. Forse perchè nell'arco di questi anni, che sapete
come sono stati faticosi, ho capito che ad abbatterci in certi momenti non è la sofferenza; ormai l'Amore ci ha fatto forti.
Ad abbatterci è qualcosa di molto più sottile.
Il diavolo tende a stancarci attraverso la noia e anche mettendoci davanti con astuzia satanica l'inutilità di vivere questa spoliazione. Ce lo dicono in molti: "Potreste fare tanto!"
E più di quel tanto non si può umanamente fare.
E' restare qui, morendo con Cristo, che tutte irradieremo la luce del Risorto. Stiamo molto attente quando si insinua questo tipo di tentazione. Non sarà la sofferenza,non sarà l'umiliazione, non sarà l'incomprensione, ma sopratutto ad indebolire anche l'anima più forte potrebbe essere proprio la noia, la sensazione dell'inutilità.
Ma si è già detto altre volte: non siamo chiamate a svolgere il nostro compito per un determinato tipo di situazioni: siamo chiamate ad essere utili spiritualmente a tutti. Siamo chiamate ad essere coloro che consumano la loro vita versando il loro profumo a terra.
Non serve più a nessuno? Non importa,basta che questo poco di profumo dia gioia a Cristo e alle anime; se questo nostro scomparire, inutile agli occhi degli uomini, può servire alla sepoltura del Cristo, ad imbalsamare il Suo corpo e (se così si può dire) a renderlo più luminoso nel giorno della resurrezione, ci dia gioia questo nostro quotidiano morire e questo silenzioso perseverare.